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Il laboratorio dei sogni

“Amore, guarda: siamo quasi arrivati all'isola di Wight... hai l'attrezzatura necessaria? Preso le batterie di riserva?"

"Non ti preoccupare, Rodrigo, come sempre è tutto nella mia borsa. Dobbiamo solo andare incontro alla nuova avventura".

La nave stava per attraccare quando...

Il suono della sveglia scosse Sara.

Sempre quel sogno, ogni volta diverso, con una nuova avventura al fianco di quel bellissimo ragazzo. Nel sogno, lei sapeva che si amavano moltissimo, che erano una coppia indivisibile e che avevano un'attività di successo come videoblogger di viaggi; questo permetteva loro di andare ovunque li portasse la fantasia. Era una vita molto diversa da quella che aveva realmente.

La vita di Sara, infatti, non era per niente entusiasmante, anzi, era piuttosto monotona.

Sveglia alle 7:00 tutte le mattine, doccia, tè caldo con biscotti, autobus o bicicletta a seconda del tempo, ufficio, palestra, casa. Qualche volta un'uscita serale con amiche e amici o, se le andava, un amante occasionale.

Niente di emozionante. Sicuramente nulla di paragonabile a quell'amore splendido che la trascinava con sé per tutto il mondo.

Sara era cresciuta in un orfanotrofio. Dei suoi genitori non si sapeva nulla perchè era stata abbandonata appena nata nel confessionale di una chiesa.

Aveva un amica storica, Cinzia, cresciuta come lei tra quelle mura.

Cinzia abitava abbastanza vicino a casa sua, nello stesso quartiere, così capitava spesso che si facessero compagnia, anche solo per fare due chiacchiere prima di cena. Il weekend amavano andare in giro per la natura, ad esplorare i boschi o a prendere il sole sulle rive di ruscelli di montagna. Lo scorrere dell'acqua di sorgente calmava molto Sara, la trascinava più vicino ai sogni a cui sarebbe presto tornata.

Ridendo, aveva confidato a Cinzia il suo notturno amore segreto.

Sapeva anche di conoscere il suo nome durante le loro avventure, ma non riusciva assolutamente a ricordarselo una volta sveglia. Chissà, magari un giorno lo avrebbe incontrato davvero, magari mentre faceva la spesa, magari al cinema, magari no...

C'era una cosa che aveva sempre colpito molto l'immaginazione di Sara: casa sua era in condominio che aveva un enorme cortile interno, con due file di alberi lungo un vialetto centrale e prato tutto attorno.

In questo cortile, sul lato in cui non affacciavano appartamenti, vi era un piccolo edificio, annesso al retro di una scuola, della quale, però, non faceva parte. Tutte le sere, attraverso una finestrella sprangata da sbarre di ferro, vedeva una luce rossa provenire dall'interno.

Era un edificio di pietra, col tetto di tegole rosse, basso, di per sé non aveva nulla di così particolare. Poteva essere uno sgabuzzino, un ripostiglio, qualcosa del genere. Ma nella mente di Sara era molto di più. Aveva fatto varie ipotesi, tra cui un covo per trafficanti di droga, una bisca segreta, un ritrovo di una setta. Si era ripromessa prima o poi di cercare l'entrata durante la notte.

E poi l'aveva fatto davvero...

Erano più o meno le 2:00 del mattino, aveva un freddo terribile, ma la curiosità era troppo grande. Era sgusciata di nascosto lungo la parete di pietra, cercando un'apertura, un qualunque varco da cui poter entrare, quando una voce la chiamò da dentro:

“Sara, vieni da questa parte”

“Chi è che mi chiama? E dove, soprattutto, non vedo ingressi!!

“Da questa parte, verso la finestrella”.

Come si avvicinò, la finestra sparì e comparve al suo posto una porta rossa.

“Ecco, adesso bussa tre volte e la porta si aprirà”

Toc toc toc... la porta si aprì. Non le restava che entrare, anche se aveva un po' di paura.

Chi aveva parlato era un piccolo ometto buffo: grandi occhi vivaci brillavano dietro gli occhialetti tondi appoggiati al grosso naso a patata, che sembrava a sua volta appoggiato ai corposi baffi grigi; i capelli formavano un riccio semicerchio, grigio come i baffi, che andava da un orecchio all'altro, lasciando calva e lucida la maggior parte della testa. Portava un lungo camice bianco, simile a quello di un medico; era molto indaffarato con una serie di barattoli di vetro e di ampolle colorate, ammucchiati sulla grande scrivania di legno scuro davanti a lui.

“Vieni cara, ti stavo aspettando. Accomodati pure su quella sedia davanti a me”

“Chi è lei e cosa sta facendo? Cosa sono tutti questi barattoli e queste boccette con cui sta armeggiando?”

“Vedi cara Sara, io sono il fabbricante di sogni. Mischio nei barattoli vuoti gli ingredienti delle ampolle per crearne sempre di nuovi. Tutti questi esserini che vedi correre con i barattoli pronti ed etichettati da me sono folletti; sono i miei validi aiutanti, si occupano di catalogare e riporre ordinatamente i sogni sugli scaffali del confine di dimensione”

“Cioè, mi faccia capire: questo è il laboratorio dei sogni? È qui che vengono “fabbricati”? Tutti i sogni? Dunque, anche i miei?”

“Che a quanto pare, ultimamente, vedono sempre protagonista lo stesso ragazzo...”

“Quindi lei conosce i miei sogni... Certo che li conosce, li fa lei, che scema, me l'ha appena detto... Mi scusi, sa, se sembro un po' stupida, ma tutto questo, potrà capire, è piuttosto surreale...”

“Lo capisco benissimo. Sembri molto innamorata di quel Rodrigo, almeno finché non ti svegli...”

“Rodrigo! Ecco come si chiama! Sì, è vero, vorrei non finisse mai, invece ogni mattina mi ritrovo nella stessa vita monotona...

Esiste, quindi, un archivio dei sogni?”

“Certo! È qui sotto, vuoi visitarlo?”

“Oh, mi piacerebbe molto! Posso?”

“Va bene, segui quel folletto vestito di verde, lo vedi? Ti condurrà lui”

“Ciao Sara! Sono Peter. Sono il coordinatore dei folletti. Ti accompagno molto volentieri, non abbiamo mai ospiti quaggiù!”.

Peter aveva un aspetto allegro e gioviale; un grosso ciuffo di capelli rossi gli copriva quasi gli occhi, tanto che Sara si chiedeva come potesse non dargli fastidio. Aveva orecchie, naso, cappello e scarpe a punta; l'ampio e caloroso sorriso era dominato dai grossi incisivi sporgenti, che rendevano il suo aspetto ancora più simpatico.

Era molto magro, ma anche molto agile e scattante nei movimenti. Lo seguì per una scala a chiocciola, che scendeva in strette spirali nelle pareti di pietra; terminava di fronte una porta di legno, che sembrava molto antica e spessa.

Peter estrasse dalla tasca una grande chiave di ferro e aprì.

Davanti a Sara comprave una stanza enorme, piena di alte scaffalature di legno come quelle di una vecchia biblioteca, ma al posto dei libri vi erano i barattoli, accuratamente etichettati con ciò che contenevano e il nome di chi l'aveva sognato.

Quel luogo sembrava non finire mai e, in effetti, doveva essere davvero enorme, per poter contenere i sogni di tutte le persone che fossero mai vissute...

“Questo posto sembra infinito, Peter: com'è possibile?”

“È possibile perché qui siamo fuori dalla tua realtà, siamo in un'altra dimensione, libera dalle leggi di spazio e tempo cui sei abituata.

La stanza si modifica in base alle nostre esigenze, gli scaffali aumentano man mano che ce n'è bisogno, così noi possiamo riporre accuratamente tutti i sogni che vengono fatti”

“Quindi qui siamo una sorta di anticamera del mondo onirico?”

“Circa, siamo al confine... meglio dire, ai confini... ogni barattolo è un confine, infatti...”

“Ma se ci sono confini, allora, ci sono anche dei punti di accesso”

“Sì, ma di questo dovresti parlare con Morfeo, il signore anziano che ti ha accolta”

“Allora possiamo tornare da lui per favore?”

“Ma certo, seguimi pure”.

"Dunque Sara, tu mi stai dicendo che vorresti entrare dentro il tuo sogno, così da poter raggiungere Rodrigo, ho capito bene?"

"Sì, Morfeo, ti prego! Lo so, va contro ogni regola, ma cerca di capirmi: io lo amo e questo sentimento, sebbene nato in un'altra dimensione, è il più vero, intenso e reale che io abbia mai provato..."

"Tu sei un essere umano e sei viva, quindi la tua dimensione di appartenenza attuale è quella terrestre; sappi che più tempo passerai nel tuo sogno, più ti sarà difficile tornare indietro. Rimanderai il ritorno fino a dimenticare la tua stessa esistenza..."

"Correrò il rischio. Ti supplico, lasciami andare da lui!"

"E una volta lì, cosa conti di fare? Gli dirai la verità?"

"Non lo so, forse; ma in fondo, che importanza ha?"

"Va bene, Sara, esaudirò la tua richiesta. Peter, per favore, vai a prendere il barattolo col suo sogno".

Peter corse giù e torno su in un lampo.

"Bene, siamo pronti. Ora Sara toglierò il coperchio: vedrai il barattolo diventare sempre più grande, ma in realtà sarai tu a rimpicciolirti; quando sarai della dimensione giusta, ti prenderò e ti lascerò cadere nel suo interno. Sei ancora in tempo a ripensarci..."

"No, voglio farlo"

"Quando vorrai tornare indietro, vai davanti ad uno specchio e pronuncia il mio nome per tre volte: ti riporterò qui immediatamente; buon viaggio"

"Grazie di tutto, grazie di cuore".

La vita con Rodrigo era meravigliosa.

Avevano una mini casa mobile, che spostavano in base alla loro mete di lavoro. Il loro canale YouTube era sempre più famoso e gli sponsor permettevano loro di avere tutto ciò che volessero. Il successo era dovuto alla curiosità che riuscivano a creare con i video; amavano scoprire storie misteriose e affascinanti sui luoghi che visitavano, esplorando la cucina tipica, le usanze, le credenze, gli stili.

Sara era davvero molto felice.

Così i giorni divennero mesi, poi anni.

Il tempo passava solo nella sua testa, però: né lei né Rodrigo ne subivano gli effetti, non mutavano, non invecchiavano, restavano sempre gli stessi. Non si ammalavano mai, neanche un raffreddore; non ingrassavano né dimagrivano.

Una sera Sara, guardandosi allo specchio, si soffermò a riflettere su tutto questo: qualunque fosse la sua esistenza, in qualsiasi dimensione si svolgesse, finiva per cadere in una forma di ripetizione; qualcosa rimaneva sempre uguale, prima erano le sue giornate, ora la sua pelle...

Fu pensierosa per diversi giorni, poi capì cosa doveva fare e capì anche che sarebbe stata la prova più dolorosa difficile che aveva mai affrontato.

"Sara, cos'hai? È da giorni che sembri lontana, persa nelle tue riflessioni..."

"Rodrigo... Ti amo come mai potrò amare in mille vite. Ma non posso più stare qui, il mio posto adesso è un altro...".

Sara raccontò a Rodrigo tutta la sua storia e come aveva fatto per raggiungerlo.

“Io credo che noi staremo di nuovo insieme, ma so che adesso devo imparare a vivere nella mia attuale dimensione di appartenenza. Mi hai fatto capire che è lì che devo cambiare quello che non va bene, perché bisogna vivere in armonia con ciò che siamo e desideriamo. Quindi tornerò a casa e inizierò subito a stravolgere la mia esistenza, nella consapevole attesa che ti ritroverò sul mio cammino”.

Ciò detto, corse davanti allo specchio e pronunciò per tre volte il nome di Morfeo.

Rodrigo era distrutto; passò un tempo incalcolabile nella disperazione, si sentiva impotente; in un attimo, aveva perso il suo grande amore e non sapeva come andare avanti senza di lei. Poi però ebbe un'illuminazione: se lei era riuscita ad entrare dentro ad un sogno, allora lui poteva uscirne! Doveva solo capire come varcare il confine...

Si ricordò dell'ultimo gesto di Sara e corse, come aveva fatto lei, davanti allo specchio:

“Morfeo! Morfeo! Morfeo!”

“Rodrigo, vorrei poter dire che è una sorpresa vederti”.

Appena pronunciato quel nome per la terza volta, il bagno della sua mini casa era sparito e lui si era ritrovato in quello che sembrava uno strano laboratorio.

“Ragazzo! Dico a te: ci sei?”

Davanti a lui un buffo ometto lo guardava con aria interrogativa.

“Chi sei? Dove sono?”

“Come chi sono? Sono Morfeo, ovviamente: mi hai chiamato tu!”

“Sono nel laboratorio dei sogni vero?”

“Sì. Lo so cosa vuoi da me, vuoi raggiungere Sara. Fermo lì, non ti agitare, non ti ho detto che ti aiuterò.

Per prima cosa, devi sapere che la realtà terrestre è molto diversa dal mondo a cui sei abituato. Tanto per cominciare, è soggetta alle regole di spazio e tempo, quindi spostarsi da un posto all'altro non è facile come nel sogno e richiede minuti, ore o giorni, a seconda della distanza.

Invecchierai, potrai ammalarti e dovrai ricordarti di mangiare e bere regolarmente. Sarai un essere umano, quindi un giorno morirai, cosa che accadrà anche a Sara. Ogni tua azione richiederà uno sforzo fisico e ti renderai conto che avrai dei limiti. Le regole del denaro un po' già le conosci perché Sara l'ha portate con sé nel suo sogno”

“Ho capito e non mi importa: io voglio raggiungerla. L'eternità è vuota senza di lei; meglio anche solo un attimo suo fianco”

“Sei sicuro di aver compreso bene quel che comporta la tua scelta?”

“Sì”

“Mi arrendo; voi due siete davvero impossibili...”.

“Sara! Che bello! Finalmente hai aperto gli occhi!”

“Cinzia... cosa... cosa succede? Mi sento come se avessi dormito per anni...”

“Eri in coma... hai avuto un incidente, non ricordi nulla?

Era notte inoltrata e per qualche motivo incomprensibile stavi correndo giù per le scale di casa tua... Sei caduta... Ed eccoci qua”

“Capisco... che imbranata”.

Sara impiegò alcuni mesi di riabilitazione per essere di nuovo autosufficiente.

Per fortuna, sapendo di essere piuttosto goffa e abilissima nel farsi male in modo stupido, aveva sempre rinnovato un'assicurazione sugli infortuni.

I suoi datori di lavoro, molto dispiaciuti per il tragico incidente, trovarono la gabola legale giusta per non rinnovarle il contratto alla scadenza, quindi Sara si era risvegliata ammaccata e ufficialmente disoccupata. Tuttavia, non sembrava affatto turbata dalla situazione, anzi: si sentiva libera.

Parlò con Cinzia dei suoi progetti, sperando di coinvolgerla in essi; le disse che voleva diventare una video blogger di viaggi e usare tutto il tempo che le restava per vedere il mondo.

“Pensaci, Cinzia: non abbiamo legami, possiamo andare ovunque desideriamo! Cosa puoi impedircelo?”.

Inizialmente, Cinzia pensò che l'idea della sua amica fosse solo una reazione momentanea a ciò che le era successo; col passare dei giorni, però, la vide sempre più risoluta e determinata, e finì per farsi coinvolgere dal suo entusiasmo. Approfittarono del tempo in cui Sara era costretta a stare in ospedale per progettare tutto, così da metterlo in pratica una volta dimessa e partire a riabilitazione terminata.

Sara ce l'aveva fatta: aveva cambiato la sua vita.

Non c'era giorno in cui non pensasse a Rodrigo, ma sapeva di aver fatto la scelta giusta.

Cinzia, alla fine, si era tirata indietro, ma questo non aveva fermato lei.

Si spostava perlopiù con la sua mini casa mobile, identica a quella su cui aveva vissuto nel mondo onirico.

Dopo le difficoltà iniziali, il suo progetto si era via via consolidato e adesso aveva molti follower e sponsor.

Era una splendida notte estiva di luna piena; nonostante avesse avuto una giornata intensa, Sara non riusciva a dormire. Rassegnata, si era preparata una tazza di tisana calda (anche con più di 30 gradi, quella era un'abitudine a cui non era disposta a rinunciare).

Stava riesaminando gli ultimi video, quando sentì bussare alla porta. Erano le due di notte, il buon senso le diceva di non farlo, ma l'istinto la portò ad aprire...

“Sara! Finalmente ti ho trovata!”

“Ero sicura che saremmo stati di nuovo insieme, Rodrigo: ben arrivato a casa”.

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